Il testo del Comunicato stampa di Uncat, adottato a luglio 2018

“Chi perde paga” è la regola generale che governa la liquidazione delle spese nel processo tributario. Il giudice può a certe condizioni disporre la compensazione tra chi vince e chi perde la causa, ma avrebbe l’obbligo di motivarne le gravi ed eccezionali ragioni.
L’esperienza concreta all’interno delle commissioni tributarie dimostra, al contrario– dati alla mano –che l’amministrazione finanziaria è condannata alle spese, in caso di sua soccombenza, in una percentuale di circa 10 punti inferiore a quella relativa alle condanne a carico del contribuente (46,65% vs 56%).
In conseguenza, per 46mila sentenze di condanna subite, l’Amministrazione viene tenuta indenne dal pagamento delle spese.
Inoltre, le commissioni omettono di spiegare le gravi ed eccezionali ragioni della compensazione, pur se richieste dalla legge e ribadite dalla giurisprudenza di legittimità e, da ultimo, anche costituzionale.

A questo tema è stato dedicato oggi il secondo incontro del ciclo organizzato dall’Unione nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi (Uncat) insieme con il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, “Le spese di giudizio nel processo tributario”, per affrontare insieme le questioni più spinose della giurisdizione e confrontarsi sulla giurisprudenza prevalente.
L’incontro si è tenuto a Roma ed è stato seguito in video conferenza dalle undici sedi della Scuola di Alta formazione e specializzazione di Uncat. E’ intervenuto, tra gli altri, il presidente del CPGT Mario Cavallaro e il presidente dell’AMT, Ennio Sepe.  

“L’abuso della compensazione rappresenta un ulteriore vulnus alla effettiva parità delle parti nel processo tributario”, rileva il presidente Uncat Antonio Damascelli. “Questa evenienza, che si riscontra in alcune sedi fino all’80% dei casi, vessa ancor di più il cittadino contribuente, costretto a sostenere le spese di giudizio pur avendo dimostrato la illegittimità della pretesa tributaria”.
Per Damascelli il peso delle spese del giudizio è ancor più odioso se si considera che la Cassazione liquida annualmente circa 1 miliardo di euro di spese in favore della parte pubblica.
Di contro, Uncat rileva che la legge prevede a danno del solo contribuente il pagamento di una sanzione pari al doppio del contributo unificato in caso di ricorso inammissibile/improcedibile o rigettato, pari a circa 8 milioni di euro all’anno.

I DATI. Secondo ulteriori elaborazioni dell’Uncat, a cura del consigliere Lucio Rossi, dai dati contenuti nella relazione sulla giustizia tributaria del Ministero dell’Economia, risulta che sul totale dei giudizi del 2017 con una parte totalmente vittoriosa, pari a 205mila, la compensazione delle spese è avvenuta nel 60% dei casi, quando in realtà di regola sarebbe prevista la condanna alle spese; per contro, a fronte di  56mila800 cause con soccombenza parziale, si sono registrate 155mila sentenze di compensazione, quindi il triplo.
Ne risulta che almeno per 100mila cause con parte vittoriosa non viene disposta alcuna condanna alle spese.
Confrontando poi gli esiti del giudizio con le decisioni di condanna alle spese, risulta che quando la sentenza è favorevole all’amministrazione finanziaria (118mila) il giudice condanna alle spese il contribuente nel 56% dei casi; laddove – al contrario- quando vince il contribuente l’amministrazione subisce l’imposizione a pagare le spese di giudizio solo nel 46% dei casi.
Uno scarto nel trattamento delle parti processuali di circa 10 punti percentuali e che si concretizza in un ulteriore vessazione a carico del contribuente sol che si consideri che – sul totale del contenzioso tributario- il valore delle cause oltre i 100mila euro è pari a oltre il 90% del valore complessivo delle cause tributarie.
In conclusione per oltre 46mila sentenze di condanna subite, l’Amministrazione viene tenuta indenne dal pagamento delle spese di giudizio.

LA GIURISPRUDENZA. Oltre alla sentenza della Corte Costituzionale già citata, una serie di sentenze della Corte di Cassazione- anche a Sezioni Unite- ribadiscono e rafforzano l’obbligo della motivazione a sostegno della compensazione delle spese (appunto perché critica per il contribuente).
Per esempio CASS. SEZ. V, ORD. n. 10042 del 24/04/2018 per cui le «gravi ed eccezionali ragioni», da indicarsi esplicitamente nella motivazione, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica; Cass. sez. VI ord. n. 3691 del 2016) per la quale la riduzione degli onorari indicati nella specifica deve essere specificatamente motivata dal giudice; la Cass. sez. VI, ord. n. 5224 del 06/03/2018, per la quale il provvedimento con cui il giudice riduce o esclude singole voci indicate nella nota, deve contenere una dettagliata spiegazione circa la ragione e qualora la riduzione si ponga in misura inferiore al minimo della tariffa, il giudice ha l’obbligo di indicare, anche il criterio di liquidazione adottato. Fino alla Cass. Sezioni Unite. n. 16990 del 10/07/2017che ha stabilito che le spese di giudizio comprendono anche gli onorari del consulente tecnico e la liquidazione in favore di un avvocato deve avvenire secondo le tariffe forensi